Fondo Pensione sì o no? Dall’anno 2007 ogni lavoratore dipendente può scegliere se lasciare il proprio TFR in azienda oppure se destinarlo ad un fondo di previdenza complementare.
Cosa conviene? Prendere una decisione comporta sempre una rinuncia, tanto sacrificio e la valutazione attenta dei pro e dei contro.
In questo articolo troverai un’analisi che ti aiuterà a valutare con maggiore consapevolezza se convenga o meno optare per una forma di previdenza integrativa.
Previdenza complementare: cos’è?
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Negli ultimi anni la previdenza integrativa sta conoscendo un vero e proprio boom ed espansione senza precedenti.
Complice del successo è la crisi del welfare e l’incertezza che regna sul mercato occupazionale.
La previdenza complementare è una forma di previdenza che si aggiunge a quella obbligatoria ma non la surroga.
Ogni lavoratore che aderisce ad un fondo pensione deve procedere con il versamento dei soldi che vengono investiti nel mercato finanziario da gestori specializzati (in azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento ecc.) e che producono rendimenti variabili, in funzione delle scelte di gestione e del trend di mercato.
La previdenza complementare è regolata da un sistema a “capitalizzazione”: i versamenti di ciascun iscritto vengono autonomamente investiti dal fondo di previdenza al fine di creare una rendita.
Una volta che ogni lavoratore si ritirerà dal mercato occupazionale potrà beneficiare dell’erogazione di una rendita aggiuntiva alla pensione pubblica costituita dai contributi versati, comprensiva dei risultati di gestione.
Ciò consentirà ad ogni lavoratore di preservare la stabilità economica e di percepire in capitale (in tutto o in parte) la prestazione maturata.
Previdenza complementare e pubblica: quali sono le differenze?
La previdenza integrativa, a differenza di quella pubblica, è gestita da soggetti ed enti di diritto privato.
Inoltre, è volontaria: ogni lavoratore può scegliere se aderire o meno ad una forma pensionistica complementare.
Come anticipato i versamenti di ogni lavoratore confluiscono in conti individuali intestati ai singoli iscritti, per questo è a capitalizzazione individuale.
Al momento del pensionamento il lavoratore riceve i versamenti e i rendimenti maturati con gli investimenti, in forma di prestazione pensionistica aggiuntiva.
Ogni lavoratore che aderisce ad una forma di previdenza integrativa sa quanto versa e la prestazione finale dipende dalle somme versate e dal rendimento economico dell’investimento.
Fondo pensione: chi può aderire?
Chi può aderire ad una forma di previdenza complementare? Tutti quanti possono aderire volontariamente a una forma pensionistica integrativa e costruirsi una rendita: dipendenti del settore pubblico, dipendenti privati, lavoratori autonomi, soci di cooperative, familiari a carico dei lavoratori e chi è titolare di un reddito diverso da quello da lavoro.
La previdenza complementare si è estesa con il tempo a tutte le categorie di cittadini.
Per i dipendenti del settore privato opera il meccanismo del conferimento tacito del TFR, che comporta l’adesione al Fondo pensione in caso di silenzio del lavoratore circa la destinazione del proprio TFR (in azienda ovvero a previdenza complementare) trascorsi 6 mesi dall’assunzione.
In caso di adesione “tacita” il TFR viene versato dal datore di lavoro in un fondo individuato dalla contrattazione collettiva.
Perché aderire ad un fondo pensione?
Quali sono i vantaggi derivanti dall’adesione ad un fondo pensione? Come anticipato, uno dei vantaggi derivanti dall’adesione di un fondo pensione integrativo è quello di riuscire a risparmiare denaro e ad investirlo in modo redditizio.
L’apertura di un fondo pensione si può rivelare un’ottima scelta e consente di pianificare il proprio futuro nel migliore dei modi.
Pertanto, aderire ad un fondo pensione complementare consente di:
- integrare la pensione di base, a tutela del proprio tenore di vita una volta ritiratisi dal mercato lavorativo,
- basta destinare con costanza dei piccoli importi, per poter accumulare un bel capitale,
- è una forma di risparmio finalizzato che massimizza i propri risultati nel tempo,
- è flessibile, consente di mutare la destinazione delle somme investite a seconda delle esigenze,
- è possibile beneficiare di interessanti vantaggi fiscali.
Fondo pensione: quali sono i vantaggi fiscali?
Non tutti sanno che aderire ad un fondo pensione integrativa consente ad ogni iscritto di beneficiare di interessanti vantaggi fiscali.
La normativa prevede che i contributi versati annualmente nella forma pensionistica integrativa siano deducibili dal proprio reddito dichiarato ai fini IRPEF, entro il limite massimo di deducibilità pari a 5.164,57€ annui.
Il risparmio fiscale consiste nell’abbattimento del reddito imponibile con conseguenti minori imposte IRPEF da versare.
I rendimenti ottenuti con la gestione finanziaria del fondo pensione sono tassati con aliquota del 20%, anziché quella del 26%.
E’ possibile dedurre i versamenti effettuati a favore di un familiare “fiscalmente a carico”.
In fase di erogazione della pensione complementare è prevista una tassazione agevolata sia essa liquidata sotto forma di rendita e/o capitale.
Viene applicata una ritenuta con aliquota massima del 15%, assai inferiore e vantaggiosa rispetto alle aliquote IRPEF (che vanno dal 23 al 43%) applicate sui redditi complessivi.
L’aliquota viene ulteriormente ridotta di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione nel limite di sei punti percentuali complessivi.
Fondo pensione: il risparmio è al sicuro?
Ebbene sì, il risparmio attuato con la previdenza complementare è tutelato e protetto, sia dagli eventuali creditori dell’aderente sia dal fallimento del gestore (banca, impresa assicurativa, SGR o SIM).
Le somme versate dagli aderenti sono impignorabili ed insequestrabili da parte di eventuali creditori.
Fondo pensione o TFR in azienda: cosa conviene?
Lasciare il TFR in azienda significa che il datore di lavoro può applicare condizioni migliorative rispetto a quanto previsto dalla legge in materia di anticipazioni sul TFR. Inoltre, non presenta alcun costo di gestione per il lavoratore.
La tassazione del TFR prevede l’applicazione di un’aliquota del 17% sulla rivalutazione dello stesso.
Il TFR in azienda si rivaluta ogni anno del 75% del tasso di inflazione più la misura fissa dell’1,5%. Di conseguenza, il TFR si rivaluta sempre salvo i casi di deflazione.
Per i lavoratori maturi (a pochi anni dalla pensione) conviene lasciare il TFR in azienda. Mentre per i giovani conviene optare per l’investimento in un fondo pensione.